Con piacere inseriamo nel nostro sito il racconto del 5° Trail Costa Vicentina di Stefano Mercurio.

Trail Costa Vicentina 2021 (no, non c’entrano i colli Berici).
57 chilometri abbondanti con 1000 metri di dislivello tra sentieri sterrati e/o sabbiosi prima interni e poi costieri nel sud del Portogallo.
Natura tipica, foreste di alberi da sughero e… sabbia.
Non facevo cose del genere da due anni e pensavo di essermi disintossicato. Ma non bisogna mai abbassare la guardia, che poi è un attimo che ti ritrovi a sudare in modo inverecondo per le vie della Lusitania.
Santiago do Cacem.
Partenza.
Tanti bei personaggi che parlano strano. Il briefing pre-gara è tanto professionale quanto incomprensibile. Tanto poi ad un certo punto iniziano a correre ed io li seguo.
Supero gente e poi altra gente. Ma già prima dei 50 chilometri compaiono gioviali dolori muscolari ed allegre avvisaglie di crampi. “Non fa male”, direbbe Rocky. Certo. Quindi basta pensare ad altro. E funziona (quasi). Fino alla spiaggia sull’oceano. Bella e romantica l’idea di scendere in spiaggia a correre sulla (e nella) sabbia soffice. Se non fosse che ogni passo rischia di far scattare lo spasmo che ti lascia rantolante a terra. Ma per fortuna poi ci sono comode salite e discese dalla scogliera, ah beh.
Ed arrivo alla passerella di legno a meno di tre chilometri dall’arrivo. Dalle segnalazioni è chiaro che bisogna andare a destra. Se non fosse che 1. So che l’arrivo è in direzione opposta e 2. Ci sono due persone che mi indicano di andare nella direzione opposta. Ed io vado nella direzione opposta. Evito agilmente un albero basso e… mi ritrovo senza più segnali. Mai fidarsi di nessuno.
Torno indietro. Sbatto poco agilmente sull’albero basso. Le persone sono svanite ed il numero 16, che avevo dietro, è passato davanti. Io ed i miei crampi lo inseguiamo. Nel successivo tratto si consuma l’entusiasmante (?) sfida per l’ottavo posto. Quando raggiungo “16” lui mi dice cose in idioma locale. Presumo imprecazioni. Rispondo, in un altro idioma, che non capisco.
Corro (grossomodo) anche l’ultima rampa (che peggiora la situazione muscolare) ed entro storto nel rettilineo d’arrivo. Mi raddrizzo con la sola forza dell’orgoglio e riesco pure a sorridere al fotografo. Finisco in condizioni pietose.
Ma davanti al 16.
Posizione conquistata.
Ed arrivare quarto di categoria mi evita pure la seccatura di salire sul podio, che lo scalino è troppo alto per come sono messe le mie gambe (semicit. “La volpe e l’uva” – Esopo)
Tutto è bene quello che finisce