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Io mi ritiro, che ve lo dico a fare?

– Cos’è “Che te lo dico a fare?”… Che vuol dire?

– Ah… “Che te lo dico a fare?” significa… se tu sei d’accordo con qualcuno, uh?, gli fai: “Raquel Welch è un gran bel pezzo di f**a, che te lo dico a fare?” Invece se non sei d’accordo che una Lincoln è meglio di una Cadillac: “Che te lo dico a fare?”, uh!, oppure, se una cosa secondo te è buona, ma tanto buona: “M*****a ‘sti peperoni, che te lo dico a fare?”…Ma può anche voler dire: “Va’ al diavolo!”. Tipo… uno fa all’altro… “-Ehi, Buby dice che hai il c***o piccolo. -Ehi, Buby che te lo dico a fare?”.
E a volte non significa niente… solamente…: “Che te lo dico a fare?”

Donnie Brasco

 

Maratonina “Agua Green Resort”, Marzamemi.

Ecco, funziona proprio così: che te lo dico a fare?
Succede, mio caro fringuello che leggi, che venga in mente di iscriversi ad una mezza tanto per allungare un po’, per avere lo stimolo di superare quella dozzina di chilometri striminziti: nessun altro fine, ché l’obiettivo grosso è ben chiaro in testa ma c’è ancora tempo prima d’arrovellarcisi sopra.
Costa poco, rivedi degli amici e ci scappa pure una giornatina di mare in un posto paradisiaco come Marzamemi, che te lo dico a fare?

Succede, dicevo, che si arrivi in partenza tutto bello ripieno di buoni propositi “no, non parto a bomba” “intanto arriviamo ai 15, poi si vede”; ma nel frattempo già stai copiosamente sudando, non certo perchè si menta a sé stessi, quanto per quella gradevole trentina di centigradi alle 8.30 antimeridiane: “Corri in Africa, balengo, che t’aspettavi?”. Che te lo dico a fare…
Si sorvoli sul fatto che sul pettorale, debitamente riciclato come d’uso, campeggi un numero da top runner monocifra ma simpaticamente preceduto da una graziosa effe: se è vero che “donna barbuta, sempre piaciuta”, in questo caso si è cannato di diversi centimetri.
Ma parliamo del percorso: questa simpatica maratonina prende il nome dal resort in cui sono posizionati partenza ed arrivo. Immaginate il deserto del Mojave, con qualche eroico ulivo in luogo dei cactus, una piscina da cui si è banditi ed il gioco è fatto, non viene voglia di passarci tutte le vacanze che restano fino alla giusta dipartita? Che te lo dico a fare!
E mentre si considerano questi fattori, dopo solo mezz’ora dall’orario previsto, sparano il via così, all’improvviso, e tutti a zompettare allegri perché, si sa, quale partenza migliore di una salita sterrata? Passano due chilometri scarsi così prima di poter correre sull’asfalto, ma non per troppo, perchè non ci si può esimere da un’altro tratto sterrato con bonus-fango-scivoloso, che è un attimo far la figura del fesso e finire a gambe all’aria; un altro paio di salite e si arriva al mare, con la vista sulla spiaggia di S.Lorenzo che rinfrancherebbe anche il più duro dei cinici…se non fosse che dopo pochi metri ci si debba incuneare nuovamente tra le stradine che si snodano tra le villette , pazienza, che te lo dico a fare?
Pazienza, dicevamo, quella che non hanno i cari automobilisti, i quali dovevano assolutamente passare (immagino la STRENUA resistenza di organizzazione e VV.UU.), facendosi beffe dei podisti sbuffanti, ma tant’è, la strada è loro e non sarà certo una gara a fermarli, anche se magari sarebbe gradito non essere quasi investiti.
In sostanza si proseguiva così tra sterrati e saliscendi assolati fino all’undicesimo chilometro, entro i quali ad almeno un terzo dei partecipanti è venuto in mente “ma perchè mai dovrei raddoppiare questa faticaccia? Respirando gas di scarico sotto il solleone? Sarò mica più figo?”: la risposta, naturalmente, che te la dico a fare.
Finisce così che ci si ritrova a fronteggiare il primo ritiro in “carriera”, seduti all’ombra di un ulivo con la pelle che sfrigola, neanche troppo amareggiati, guardando la spugna fornita dall’organizzazione che sembra domandarti: “ma a che servo io, che non c’è dove immergermi?”.

Cara spugna…che te lo dico a fare.

Andrea Pennisi