In realtà la competizione è durata 3 giorni, perche venerdì 10 giugno alle ore 22,00 è partita la 103 km. con 7150 metri di dislivello … a mezzanotte di sabato 11 è partita la 72 km. Con 5.500 metri di dislivello. Alle 5 di mattina di sabato è partita la 55 km ( solo 3.800 m. dislivello … ) mentre domenica mattina 12 giugno sia la 22 km. ( 1.300 m. dis.) e la 11 km. Con appena (…) 700 metri di dislivello .

Ecco già leggendo questi numeri passa la voglia di iscriversi … se poi tre giorni prima ti arriva anche la mail che “sarebbe opportuno” installare il “live track” in caso di smarrimento … un po ci pensi , però il rovescio della medaglia c’è e lo racconterò dopo.
Per farla breve, io mi sono iscritto per il secondo anno di seguito a quella dei più “brocchi” cioè la 11 km perché chi è abituato a correre in pianura questo tipo di gare diventano veramente impegnative.
Quindi se questa è una delle poche gare che faccio per la seconda volta qualche motivo ci deve pur essere.
Sabato ho ritirato il pettorale e vedendo arrivare i primi concorrenti della 55 km. Mi sono reso conto che per fare questi trail bisogna avere notevoli problemi psicologici … senza offesa per nessuno per carità, oppure aver avuto un infanzia difficile perché sono gare durissime, lunghe, estenuanti e dove la preparazione fisica e mentale deve essere al top, visto che corri anche al buio di notte e sulla neve (Pelmo e Tivan) sul fango ( ovunque ) e con strapiombi da paura.
Io da buon “scarsone”, ma disagiato come tanti altri che si sono iscritti, ho optato la 11 Km e già allo start ho capito con chi avevo a che fare: atleti che sembravano “Jesus Christ Superstar”, altri che sembravano scappati da casa, altri ancora con attrezzatura altamente tecnica e comunque l’80% dei partecipanti di eta’ compresa tra i 25 ed i 35 anni … io forse ho fatto veramente “tenerezza” a qualcuno, anche se avevo le scarpe da trail, però mi sono messo alla prova.

Giusto per mettere in chiaro la faccenda, i primi 3 km sono un “ascensore” nel senso che questi si sviluppano con 371 metri di dislivello e tra l’altro in sterrato … e forse le racchette non avrebbero dato fastidio. Arrivato a Colcerver ( paesino strepitoso ) con il fiatone e già “rovinato”.
E qua le due domande naturali che mi facevo in questa salita erano : “perché ?” e “ma chi me lo ha fatto fare?” Non trovando la risposta ho continuato a correre.
Poi un misto di discese e salite nel fango ( sembra che proprio là, sia perenne il fango … ) e quindi discesone fino a Dont, in un sentiero che è un misto tra un brulicare di radici di alberi ed una pietraia umida con un meraviglioso ma molto viscido muschio verde.
E qua ho fatto una bella “pigna” dove mi sono un po’ giocato il posto in paradiso ( … ) , ma in queste gare 2 occhi e 2 gambe non bastano. Per fortuna sono atterrato nell’unico spicchio di erba disponibile.
Arrivato a Dont (5,5,km ) il primo ristoro … sembrava un oasi nel deserto, quindi su di nuovo verso Villa e da qua in poi si poteva anche correre senza incorrere in pericoli strani con saliscendi veramente belli e con un paesaggio meraviglioso , peccato che guardando tanto a terra ho potuto godere poco di quello che c’era intorno.
La cosa meravigliosa di questa gara è proprio il paesaggio che è variato con una velocità impressionate, con i vecchi dei vari paesi che annuivano con la testa al passaggio di ogni concorrente, con i bambini lungo il percorso che chiedevano il “five” , quindi tanta gente di contorno che ha incoraggiato tutti con tutto il fiato che aveva. Veramente bello .
Gli ultimi 2 Km in discesa e su asfalto ed erba quasi un trionfo, perché gli spettatori erano sempre di più e per chi fa gare sa cosa vuol dire, perché anche se sfinito, tiri fuori tutto quello che hai.
Arrivo in piazza a Forno di Zoldo tra musica e festa con meritata birra finale .
Per gli amanti dei numeri il tempo ufficiale è stato 1.53,29 – 54° in classifica e 4° cat SM60, e comunque Running Team Mestre presente anche in Val di Zoldo anche se con un rappresentante non molto emblematico .
La rifarò ? Sicuramente si se sarò ok fisicamente, perché la testa ormai è irrecuperabile 😉
Andrea Ceccato



